Da riscrivere la storia dell’Omeopatia in Italia

trousse in cristallo_bassaLa storia dell’Omeopatia in Italia andrebbe riscritta. Prima della sua comparsa a Napoli nel 1821, per opera di due medici militari austriaci Köller e Odry, l’Omeopatia, già dal 1792, era ben conosciuta nelle sue basi epistemologiche da eminenti personaggi della comunità scientifica e culturale abruzzese: Vincenzo Comi e Melchiorre Delfico. I due illustri teramani seguivano e studiavano i primi esperimenti di Samuel Hahnemann, fondatore della medicina omeopatica, già trentasei anni prima della sua applicazione pratica presso l’Ospedale Militare della Trinità di Napoli.

Congresso della Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis

E’ quanto emerge da un lavoro di ricerca che sarà presentato il 19 luglio prossimo, a Parigi, in occasione del 69° Congresso della Liga Medicorum Homoeopathica Internationalis, che ha come presidente il dottor Renzo Galassi, dal titolo: “Il ruolo d’avanguardia dell’Italia nella diffusione e applicazione della medicina hahnemaniana nel 1800, nuove acquisizioni sulla comunicazione”. Autori: Michela Ridolfi, giornalista e storica del costume e Gaetano Maria Miccichè, medico omeopata di Roma. L’analisi di lettere, pubblicazioni, riviste ha permesso di dimostrare quanto la medicina italiana fosse attenta, a cavallo tra il ‘700 e l’800 a ciò che accadeva oltre confine. L’omeopatia ha avuto modo di attecchire a Napoli nel 1821 perché la scienza e la cultura del Regno avevano già preparato un terreno fertile per il suo germogliare. Il bimestrale di Vincenzo Comi “Commercio Scientifico d’Europa col Regno delle Due Sicilie” pubblicò, dal 1792 al 1794, ben tre articoli a firma di Samuel Hahnemann. La conoscenza si tramutò in brevissimo tempo in venerazione – da parte del Comi e di tutti gli scienziati e letterati facenti parte del suo colto circolo – per Hahnemann e le sue scoperte. Non solo il Comi s’interessava a lui. Anche un altro grande uomo di cultura e scienza di Teramo, il filosofo – economista Melchiorre Delfico, nel 1822, dopo avere curato il nipote Orazio con i nuovi rimedi, diventato nel frattempo Presidente della Real Accademia delle Scienze del Regno di Napoli, scrisse: “…divenni Annemaniano di cuore. …Fu per questo soave sentimento che eccitò il mio spirito ad aprir anche all’approvazione della ragione. …Presi in mano l’Organon dell’illustre riformatore”.

La nuova medicina

“Grazie a Vincenzo Comi e Melchiorre Delfico entrambi di Teramo, Francesco Romani medico e filosofo di Vasto e Rocco Rubini medico e farmacologo di Cellino Attanasio, la nuova medicina di Hahnemann entra in Italia e ha modo di attecchire. L’entusiasmo per il fondatore del nuovo medico sapere è così elevato che il conte Quintino Guanciali di Loreto Aprutino pubblica un poema dal titolo Hahnemannus seu homoepathia nova medica scientia, con cui celebra le nuove pratiche mediche che lo hanno guarito da una grave malattia. L’opera riscuote grande successo e fortuna fra i contemporanei”, dichiara Michela Ridolfi.

“La nostra ricerca è solo ai primi passi. Dal contesto italiano ci proponiamo di allargare l’indagine in Europa, attenti a rintracciare tutti i satelliti che seppur da lontano, seguivano passo-passo, il genio di Samuel Hahnemann nella sua crescita e sintesi della Nuova Medicina”, dichiara Gaetano Maria Miccichè.

Lettere, poemi, articoli sulla “nuova medicina” nutrirono di entusiasmo i più di 300 medici italiani che nei primi decenni dell’Ottocento erano dediti a studiare e a sperimentare l’Omeopatia, che giungeva piena di echi nitidi direttamente dagli scritti di Hahnemann.