L’oncologia integrata, allo scopo di salvaguardare e migliorare la qualità della vita del malato durante e dopo la chemioterapia, propone trattamenti oncologici attraverso l’uso integrato di più opzioni terapeutiche. Abbiamo intervistato Massimo Bonucci, medico specialista in anatomia patologica e oncologia medica, presidente di ARTOI, l’Associazione di Ricerca per la Terapia Oncologica Integrata, alla vigilia del VII Congresso internazionale Artoi che si terrà dal 25 al 27 giugno presso il polo fieristico Rho-Pero di Milano nell’ambito del VI Forum Pianeta Nutrizione & Integrazione.
Dottor Bonucci, qual è l’approccio al paziente oncologico?
La terapia integrata in oncologia comprende la ricerca e l’applicazione combinata di metodiche interventistiche (chirurgia, radioterapia, ipertermia), farmacologiche (chemioterapia, immunoterapia, supporto complementare), dietetiche o psicologiche, atte a migliorare lo stato psicofisico e la qualità della vita del paziente. L’obiettivo è quello di diminuire gli effetti collaterali della chemioterapia utilizzando le diverse terapie per alleviare l’impatto fisico e per migliorare i risultati della cura. Il nostro approccio è complementare alla chemioterapia: ad essa vengono solo affiancati altri metodi di trattamento, partendo dal presupposto che la neoplasia coinvolge tutto l’organismo dal punto di vista fisico e psichico e non deve essere considerata solo come l’alterazione di alcune cellule.
Quali sono i principali trattamenti?
L’integrazione alla chemioterapia può avvenire in vari modi. Ciò che maggiormente ci differenzia dalla cura tradizionale è l’approccio rispetto alla fase successiva al trattamento, durante la quale il malato non può essere lasciato solo, ma deve essere seguito passo passo con l’uso di sostanze che riducono il rischio di una ricaduta. Esistono molte sostanze che possono aiutare e che giocano un ruolo importante per il sistema immunitario. Bisogna scegliere i farmaci naturali e biologici che consentono di ottenere il risultato migliore per la qualità di vita del paziente.
Qual è la differenza fra farmaci biologici e farmaci naturali?
I primi, anticorpi monoclonali, sono farmaci cosiddetti “intelligenti” perché vanno a bloccare alcuni meccanismi specifici, presenti di membrana o intracellulari, che sono importanti per la replicazione della cellula. I secondi, invece, sono a base di sostanze estratte da piante o da minerali. Anche queste sostanze possono avere azione simile, ovvero “intelligente”. Anche alcune sostanze naturali vanno a bloccare meccanismi intracellulari: un esempio è il sulforafano che blocca un enzima, l’istone deacetilasi, importante per la duplicazione del DNA. I primi sono brevettati, hanno molti effetti indesiderati e sono molto costosi, i secondi non hanno effetti indesiderati, sono economici, ma non sono brevettabili.
Tra i farmaci biologici quali sono i principali e per quali patologie vengono utilizzati?
I principali farmaci biologici vengono utilizzati per i linfomi, per i tumori della mammella, del colon, dei polmoni e per i tumori della testa e collo. Sono anticorpi anti CD20 (Rituximab) per i linfomi, anti c-erB2 (Herceptin) per i tumori della mammella, anti k-Ras (Cetuximab e panitumumab) per i tumori del colon, anti-EGFR ( Erlotinib) per il tumore del polmone, anti-EGFR (Erbitux) per i tumori della testa e collo.
Quali sono i farmaci naturali più usati?
In questa categoria di farmaci non c’è che la scelta. Esistono molte sostanze che possono aiutare e che giocano un ruolo importante per il sistema immunitario, ciascuna di esse indicata per certi tipi di terapia. Per fare alcuni esempi, lo squalene, una sostanza organica presente in natura nell’olio di fegato di squalo (da cui prende il nome) ma anche nell’olio di oliva, che ha importanti proprietà anti-cancro; poi si può andare dall’Epigallocatechina gallato (EGCG, principio attivo del tè verde), al sulforafano (DIM e Indolo-3 carbinolo principio attivo dei broccoli), alla curcumina (principio attivo della curcuma), alla polidatina (principio attivo del Polygonum cuspidatum), alle viscotossine (insieme di principi attivi del Vischio), o gli acidi boswellici (principio attivo della Boswellia serrata). Questi farmaci hanno, per la maggior parte di loro, azione sulla proliferazione cellulare, sulla regolazione dell’apoptosi, sul blocco dell’angiogenesi. Sono stati utilizzati per decenni, dal dottor Nieper e da molti altri colleghi, fra cui io, con risultati veramente soddisfacenti. La loro efficacia va ad aumentare l’effetto della chemioterapia.
Come viene trattato un paziente oncologico?
Ogni paziente è un caso particolare e avrà un trattamento personalizzato. Ci sono alcuni farmaci naturali che più frequentemente vengono utilizzati per patologie specifiche, ne è un esempio la Lactoferrina, che ha una azione primaria sui tumori gastroenterici, polmonari e mammari; oppure la Boswellia serrata, che ha una specificità per i tumori cerebrali, o il sulforafano per i tumori prostatici e polmonari come l’Epigallocatechina gallato. La dose, però, è personalizzata secondo i risultati di analisi di laboratorio riguardanti il sistema immunitario, la resistenza cellulare, lo stress ossidativo ed altro.
Perché è importante assistere il paziente anche nella fase successiva alla cura?
Il paziente va seguito non solo durante l’insorgenza della malattia ma, se possibile, ancora più attentamente dopo la terapia. Come dice il professor Philip Salem (presidente della Salem Oncology Center del Texas Medical Center di Houston, pioniere dell’oncologia integrata negli Usa e in tutto il mondo), “il problema non è quando vediamo il tumore, ma quando non lo vediamo”. Anche dopo 6 o 7 anni il problema si può ripresentare. Se non si fa nulla per cambiare l’ambiente in cui il tumore si è formato la prima volta, è probabile che lo rifaccia una seconda volta. Come uno che ha subìto un infarto è considerato ad alto rischio di ricaduta e per tutta la vita deve seguire una dieta e uno stile di vita particolari, così anche il malato di cancro deve fare in modo che il suo corpo non favorisca il formarsi del tumore. Per questo è importante seguire il paziente costantemente sia durante che dopo.
Come sono visti i trattamenti integrati di oncologia dalla medicina classica?
La maggior parte dei colleghi oncologi forse non conosce questo tipo di approccio nemmeno in generale, figuriamoci se parliamo di Sulforafano o acidi boswellici. Ci sarà da lavorare molto da parte nostra per diffonderlo, perché è importante indicare ai pazienti uno stile di vita corretto da seguire. Ci sono sostanze che possono entrare in conflitto con il trattamento, ad esempio il pompelmo è altamente sconsigliato durante la chemioterapia, mentre per doxorubicina, dotato di un ampio spettro antitumorale, l’effetto viene annullato dall’aglio. Anche lo stile di vita e l’alimentazione condizionano gli esiti della cura. Se io non mangio gli alimenti giusti e con le dosi adeguate, non mi sento bene e ho una tossicità interna che influisce sui risultati della chemioterapia.
L’organismo deve essere in un completo equilibrio per la buona riuscita della cura ?
Questo è indubbio. Bisogna creare le condizioni migliori per affrontare la terapia. L’assunzione di alcune sostanze naturali permette all’organismo di reagire meglio. Dato che con la chemioterapia il sistema immunitario si abbassa, il paziente deve stare bene, altrimenti dovrà ridurre la cura tradizionale, con effetti negativi per la guarigione. Negli Stati Uniti, ad esempio, la American Society of Clinical Oncology ha dettato alcune linee guida per i pazienti, dicendo quali sostanze bisogna evitare e quali è meglio assumere. Noi come ARTOI abbiamo fatto lo stesso, indicando i comportamenti più corretti per i pazienti anche dal punto di vista alimentare.
A chi si devono rivolgere i pazienti per questo tipo di cure?
In Italia è difficile trovare informazioni attraverso i canali tradizionali. Sono i pazienti stessi che vanno alla ricerca di questo tipo di approccio: è naturale, perché il malato vuole comunque stare meglio. E uno dei risultati è stato proprio questo: la qualità della vita che è migliorata. Dall’altro lato, ci sono risultati sempre più interessanti nell’uso combinato. Quindi sono i pazienti stessi che promuovono questo nuovo tipo di cure. E noi vogliamo che i pazienti, che hanno questa esigenza, non si rivolgano a persone che non siano qualificate. Noi come Associazione ARTOI abbiamo numerosi Centri dove il paziente viene seguito. Praticamente siamo in tutte le regioni d’Italia, a parte la Calabria e la Sardegna, ma ci stiamo muovendo anche lì.
Qual è lo scopo di ARTOI?
ARTOI è un’associazione professionale multidisciplinare, assolutamente no profit, che per ora è ancora giovane, ma contiamo di trovare in futuro altri medici che avranno voglia di entrare in questa ottica. Molti di noi sono oncologi, ma offriamo al paziente un supporto complessivo sulla terapia con un approccio più completo anche dal punto di vista umano. L’associazione vuole dare visibilità a tutti coloro che dal punto di vista scientifico possono dire qualcosa sulla cura del tumore. Ci sono una serie di figure con diverse competenze professionali, come l’omeopata, lo psicologo, ecc., che hanno un ruolo importante, perché sono complementari e integrate alla figura dell’oncologo e possono risolvere problemi che questo non sarebbe in grado di affrontare. La maggior parte dei componenti di ARTOI sono medici con una competenza scientifica nello studio delle terapie naturali che sono importanti per garantire al malato un recupero totale e impedire delle ricadute nella malattia. Siamo nati con questo spirito due anni fa e anche se per ora non siamo ancora stati riconosciuti come onlus, abbiamo contatti importanti anche con l’Istituto Superiore di Sanità con cui abbiamo recentemente programmato uno studio su una sostanza naturale. Si dice che le sostanze naturali in Italia non vengono studiate, ma noi pensiamo che spesso manchi piuttosto la volontà di farlo.
La risposta della medicina tradizionale all’oncologia integrata qual è?
Il confronto è sempre molto difficile, ma esistono sempre di più oncologi che non sono contrari a queste cure. Fra i medici ce ne sono un 30% che iniziano a conoscere e vogliono imparare a utilizzare le sostanze naturali, perché vedono i pazienti stare meglio, senza dover fare grandi terapie. Tra i medici condotti direi che la percentuale si alza al 50, 60% in quanto molti studiano anche agopuntura, omeopatia e fitoterapia.
Chi è Massimo Bonucci
Il dottor Massimo Bonucci è nato a Viterbo nel 1959. Laureato all’Università di Pisa nel 1986, è diventato Specialista in Oncologia e Anatomia Patologica. È stato uno stretto collaboratore del medico oncologo tedesco Hans A. Nieper, che ha condotto una vita all’insegna della ricerca medica in oncologia e ha messo a punto un metodo di terapia ortomolecolare che si è rivelato nelle sue applicazioni di particolare interesse ed efficacia, di cui tutt’ora porta avanti la ricerca. Oltre che Presidente dell’Associazione di Ricerca sulle Terapie Oncologiche Integrate ARTOI, è Direttore del dipartimento di Patologia Clinica ed Anatomia Patologica presso la Casa di Cura di San Feliciano, Docente di Corsi e Master Universitari presso l’Università Telematica G. Marconi di Roma e Università di Chieti. Inoltre è Board and Advisor of “Foundation for Collaborative Medicine and Research” Connecticut – U.S.A. È membro della S.I.O. (Società di Oncologia Integrata Americana). e della SIAPEC-IAP (società di Anatomia e Citopatologia Italiana- International Academy of Pathology).
Giovanni Felice