«La nostra pratica clinica dovrebbe prevedere la possibilità di utilizzare, oltre alla medicina convenzionale, anche altre opzioni terapeutiche. Ritengo che la medicina integrata rappresenti l’approccio migliore per inquadrare a 360 gradi le problematiche del paziente e non solo la patologia per la quale in quel momento si richiede il nostro intervento e l’omeopatia è una di queste opzioni»È questa in sintesi la visione – della salute, del paziente e del percorso di cura – che orienta la pratica clinica di Maria Elena Lorenzetti, pediatra di libera scelta dal 2008 ed esperta in omeopatia e medicine integrate. Con lei abbiamo parlato di omeopatia in pediatria e di resistenza antimicrobica, un tema di stringente attualità da qualche anno sul tavolo delle grandi questioni di sanità pubblica che richiedono misure urgenti.

Dottoressa, la resistenza antimicrobica è dichiaratamente una delle grandi questioni che riguardano la salute globale, al centro dell’attenzione delle istituzioni sanitarie di tutto il mondo e anche del nostro Paese. Qual è la situazione attuale? 

«La resistenza antimicrobica è un tema cruciale ed è stato riconosciuto in quanto tale sia dai principali organismi mondiali, come l’Oms, la Fao, l’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), sia dai governi e dalle istituzioni nazionali. Anche nel 2024 l’Italia si è confermata al vertice della classifica della resistenza agli antibiotici nei Paesi europei, dove ogni anno si contano 670.000 infezioni di batteri resistenti alle cure, responsabili di circa 35.000 decessi di cui 12.000 nel nostro Paese. A livello nazionale il consumo di antibiotici è aumentato del 6,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, come riporta il dossier diffuso nel novembre 2024 dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che, riprendendo i dati del report europeo del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), sottolineava anche che se il trend di crescita non dovesse interrompersi, nel 2050 l’antibiotico resistenza sarà la prima causa di morte nel nostro Paese». 

A fronte di un problema così importante, quali strategie si possono mettere in campo?

«L’antibiotico resistenza è una questione complessa che richiede interventi immediati e condivisi: l’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza di tutti, dalla comunità medica ai cittadini, affinché si adottino comportamenti responsabili in grado di invertire la curva di crescita. Oltre alla prevenzione in ambito ospedaliero, c’è molto da fare nell’ambito dell’appropriatezza prescrittiva, ma soprattutto si deve comprendere che questo fenomeno riguarda non soltanto gli esseri umani, ma anche gli animali e l’ambiente, in sintonia con la visione “One Health”. L’uso e lo smaltimento degli antibiotici – ad esempio – hanno implicazioni dirette sulla salute delle persone, sugli animali e sulle piante. Occorre quindi predisporre e attuare una strategia a 360°.Questo vuol dire che noi medici, curatori degli umani, dobbiamo interagire anche con i curatori degli animali, con gli agricoltori e con i decisori politici all’interno di un sistema che include molte variabili, ciascuna delle quali ha il suo peso nell’equilibrio complessivo. Ciò premesso, vale la pena ricordare che in questo ambito il contributo di noi pediatri è relativamente modesto. Come si legge infatti nei report ufficiali che monitorano il fenomeno, e nello specifico il citato documento dell’Aifa, le prescrizioni di antibiotici in età pediatrica corrispondono all’8,6% del totale e sono dunque una percentuale abbastanza piccola se confrontata con gli adulti e soprattutto gli anziani». 

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