Nulla è mai uguale a sé stesso: ogni “fattore” mostra reazioni proprie e diversificate. È il caso anche delle cellule che invecchiano.
Secondo un recente studio sulla mappatura del cervello, finanziato dai National Institutes of Health (NIH) e pubblicato su Open Nature, alcune cellule, come un piccolo gruppo che controllano gli ormoni, potrebbero subire più cambiamenti legati all’età nell’attività genetica rispetto ad altre.
In buona sostanza, alcune cellule manifesterebbero maggiore sensibilità dall’“attacco” dei processi di invecchiamento, quindi al successivo sviluppo di disturbi cerebrali. Una scoperta importante in termini di diagnosi clinica e strategie terapeutiche attivabili.
L’invecchiamento biologico
Non ci sono dubbi che l’invecchiamento possa essere definito come una graduale perdita di omeostasi in vari aspetti della funzione molecolare e cellulare, rappresentando uno dei fattori di rischio più importanti per lo sviluppo di patologie neurodegenerative: malattia di Alzheimer, Parkinson, demenze e molti altri devastanti disturbi cerebrali.
Stabilire la possibile diversa risposta cellulare all’invecchiamento è una sfida cruciale in una società vocata a (r)aggiungere in misura sempre maggiore persone della quarta età, con una conseguente aumento del rischio di declino mentale.
Con questo scopo lo studio su Nature ha voluto indagare se e quali cellule cerebrali potrebbero subire maggiormente il colpo e i danni del tempo che passa. Informazioni preziose che potrebbero cambiare radicalmente l’approccio all’invecchiamento e alla comprensione dell’impatto sul cervello, quindi per lo sviluppo di farmaci sempre più personalizzati e di precisione sulla malattia e il paziente.
Gli strumenti
Sono stati condotti studi sperimentali, sfruttando strumenti avanzati di analisi genetica per indagare i comportamenti di singole cellule nei cervelli di topi “giovani” di 2 mesi e “anziani” di 18 mesi, di entrambi i sessi, di diverse regioni: proencefalo, il mesencefalo e il rombencefalo.
Per ogni età e per una varietà di tipi di cellule localizzati in 16 diverse ampie regioni, i ricercatori ne hanno analizzato l’attività genetica. Si è così osservato che ci sono “firme di invecchiamento” comuni in tutti i tipi di cellule, tra cui una diminuzione nell’espressione di geni correlati alla struttura e alla funzione neuronale in molti tipi di neuroni, in principali tipi di astrociti e oligodendrociti maturi che possono supportare la segnalazione neurale controllando i livelli di neurotrasmettitori e isolando elettricamente le fibre nervose, e all’opposto un aumento nell’espressione di geni correlati alla funzione immunitaria, alla presentazione dell’antigene, all’infiammazione e alla motilità cellulare nei tipi di cellule immunitarie e in alcuni tipi di cellule vascolari.
Infine, è emerso che alcuni altri dei tipi di cellule concentrate attorno al terzo ventricolo nell’ipotalamo, importante condotto che consente al liquido cerebrospinale di passare attraverso l’ipotalamo, tra cui taniciti, cellule ependimali e determinati tipi di neuroni nel nucleo arcuato, nucleo dorsomediale e nucleo paraventricolare che esprimono geni canonicamente correlati all’omeostasi energetica, sarebbero maggiore sensibili agli effetti dell’invecchiamento.
In particolare, il terzo ventricolo nell’ipotalamo potrebbe essere un hub per l’invecchiamento nel cervello del topo. Situato alla base del cervello del topo, l’ipotalamo produce ormoni che possono controllare i bisogni di base del corpo, tra cui temperatura, frequenza cardiaca, sonno, sete e fame.
Nel complesso, questo studio delinea sistematicamente un panorama dinamico di cambiamenti trascrittomici specifici del tipo di cellula nel cervello associati al normale invecchiamento, che serviranno da base per l’indagine sui cambiamenti funzionali nell’invecchiamento e sull’interazione tra invecchiamento e malattia.
Alcune importanti evidenze
Tra i risultati più interessanti si evidenzia ad esempio che l’invecchiamento riduce lo sviluppo dei neuroni neonati presenti in almeno tre diverse parti del cervello.
Studi precedenti hanno dimostrato che alcuni di questi potrebbero svolgere un ruolo nel circuito che controlla alcune forme di apprendimento e memoria, mentre altri potrebbero aiutare i topi a riconoscere diversi odori.
Osservazioni, quelle emerse da quest’ultimo studio, che sarebbero in linea con lavori precedenti su diversi animali che mostravano collegamenti tra invecchiamento e metabolismo corporeo, compresi quelli sull’influenza del digiuno intermittente e altre diete ipocaloriche nel poter aumentare la durata della vita.
In particolare, è noto che i neuroni sensibili all’età nell’ipotalamo producono ormoni che controllano l’alimentazione e l’energia, mentre le cellule che rivestono il ventricolo controllano il passaggio di ormoni e nutrienti tra il cervello e il corpo. Dati interessanti ma che richiedono ulteriori ricerche per esaminare i meccanismi biologici alla base dei risultati, nonché per cercare eventuali possibili collegamenti con la salute umana.
Fonte
Jin K, Yao Z, van Velthoven CTJ et al. Brain-wide cell-type-specific transcriptomic signatures of healthy ageing in mice. Nature, 2025. Link: https://www.nature.com/articles/s41586-024-08350-8