Il Registro osteopati italiani (Roi), in audizione in Commissione Affari sociali della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva per il riordino delle Professioni sanitarie, chiede un decreto equipollenze per il percorso di riconoscimento della professione, come si legge in un documento dello scorso 19 febbraio a firma della Presidente ROI, Paola Sciomachen, portato all’attenzione istituzionale.

Il contesto attuale

Mancato accesso per gli osteopati alle strutture sanitarie pubbliche e convenzionate, costretti quindi a svolgere attività professionale solo in studi privati non convenzionati, esercizio consentito in strutture pubbliche o convenzionate esclusivo per coloro in possesso di una laurea in un’altra professione sanitaria.

Sono alcune delle principali criticità che ancora pendono sulla professione in osteopatia, nonostante il riconoscimento normativo come nuova professione sanitaria, con la Legge 3/2018, art. 7. Da qui la necessità e la richiesta del ROI di un decreto equipollenze, rapido e urgente.

«L’osteopatia può giocare un ruolo strategico, grazie alla sua capacità di intervenire in modo complementare e sinergico con le altre discipline mediche. Un importante passo avanti nella regolamentazione della professione sarà l’istituzione dell’Albo professionale degli osteopati, che verrà incluso all’interno dell’Ordine FNO TSRM e PSTRP. Questo passaggio non solo garantirà una maggiore tutela per i professionisti, ma rafforzerà anche la qualità dell’assistenza fornita agli utenti, promuovendo una regolamentazione che valorizzi le competenze e le specificità della disciplina osteopatica», queste le parole esplicative della Presidente portata in Commissione Affari sociali della Camera.

Ulteriore criticità è la difficoltà attuale nel poter quantificare l’esatto numero di professionisti sul territorio, così come il reale fabbisogno di osteopati nel sistema sanitario. Ad oggi il ROI conta 8.900 tesserati con un’alta variabilità distributiva a livello regionale, ad esempio la Lombardia registra 21,63 osteopati ogni 100.000 abitanti, a fronte del Sud e delle Isole in cui il rapporto scende a 5,99 ogni 100.000 abitanti.

L’apporto dell’osteopata

È cruciale per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN): all’interno di team multidisciplinari, a fianco di altri medici e professionisti sanitari, l’osteopata può offrire la propria expertise nella gestione dei pazienti complessi, con patologie croniche e/o con disfunzioni muscolo-scheletriche, ad esempio.

«L’integrazione dell’osteopata nei percorsi di cura potrebbe contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti, favorendo un approccio terapeutico più ampio e personalizzato. Essendo una professione relativamente giovane nel panorama sanitario italiano, l’osteopatia ha il vantaggio di non dover affrontare le rigidità tipiche di ruoli e gerarchie consolidate. Questa caratteristica rappresenta un punto di forza, poiché consente alla categoria di essere un motore di innovazione e di cambiamento. Inoltre il ruolo dell’osteopata potrebbe risultare strategico anche in altri ambiti come la neonatologia, la pediatria, e la geriatria» si legge ancora nel documento presentato in Audizione dalla presidente.

Obiettivi di salute

In buona sostanza, l’osteopata può contribuire in modo significativo agli obiettivi del Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025 e del Piano Nazionale della Cronicità (PNC). Ragioni sufficienti a giustificare la richiesta del ROI alla loro equipollenza ad altre professioni sanitarie.

Fonte

Indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie. Memoria Registro degli Osteopati d’Italia (ROI) – Dott.ssa Paola Sciomachen.pdf

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