I consumi fanno la differenza. Una dieta ad alto contenuto di carne rossa lavorata potrebbe esporre nel tempo a un maggior rischio di declino cognitivo e demenza.
È quanto emerge da un recente studio americano su Neurology, che tuttavia offre anche un rimedio. Sostituire questa tipologia di alimenti con prodotti vegetali, in primis frutta secca e legumi, può frenare la corsa di un invecchiamento cognitivo precoce.
Cibi “sotto osservazione”
Carne rossa lavorata, tra cui pancetta, salsiccia e mortadella, alimenti ricchi di grassi saturi, sono da sempre sotto sorveglianza. Gli studi condotti hanno infatti dimostrato il sensibile impatto sulla salute, in particolare una associazione con il possibile sviluppo di diabete di tipo 2 e malattie cardiache. Condizioni cliniche che legano anche a un peggioramento della salute cognitiva.
Tuttavia, la (re)azione anche con un rischio per demenza e declino cognitivo non era stato ancora dimostrato con certezza. O almeno, al riguardo, i dati attuali sono contrastanti.
Pertanto lo studio americano che ha inteso far luce sulla relazione fra consumo di carne rossa lavorata e/o affini e salute cognitiva sembrerebbe non lasciare dubbi: un elevato consumo di carne rossa lavorata predispone al rapido invecchiamento cognitivo. Ma invertire il trend è possibile: sostituendo questa categoria di alimenti con una porzione al giorno di noci e legumi si otterrebbe, secondo le stime degli autori, una diminuzione del 19% del rischio di demenza e un rallentamento di 1,37 anni dell’invecchiamento cognitivo.
Lo studio
Ampio, pertanto con una certa robustezza scientifica, ha coinvolto 133.771 adulti (65,4% donne) con età media di 48,9 anni, di cui 17.458 partecipanti donne con età media di 74,3 anni su cui è stata condotta specificatamente l’analisi della funzione cognitiva oggettiva e 43.966 partecipanti (77,1% donne) con età media di 77,9 anni in cui è stato valutato il declino cognitivo soggettivo (SCD). I partecipanti sono stati seguiti per un periodo di 43 anni, con compilazione ogni due o quattro anni di un diario alimentare, contenente la tipologia di alimenti consumati e con quale frequenza.
Particolare attenzione è stata riservata alla carne rossa lavorata, definita dagli autori come bacon, hot dog, salsicce, salame, mortadella e altri prodotti affini e quella rossa non lavorata come manzo, maiale, agnello e hamburger.
In funzione dei consumi di carne rossa lavorata, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: basso, pari in media a meno di 0,10 porzioni al giorno; medio tra 0,10 e 0,24 porzioni al giorno e alto con 0,25 o più porzioni al giorno. Dopo avere aggiustato per età, sesso e altri fattori di rischio per il declino cognitivo, è emerso che il gruppo “alto” aveva una probabilità di sviluppare demenza superiore del 13% rispetto a quello “basso” e per SCD del 14%.
Inoltre, un’assunzione maggiore di carne rossa lavorata era associata a un invecchiamento accelerato nella cognizione globale (1,61 anni per incremento di 1 porzione al giorno [IC al 95% 0,20-3,03]) e nella memoria verbale (1,69 anni per incremento di 1 porzione al giorno [IC al 95% 0,13-3,25], entrambi plinearità = 0,03).
L’assunzione di carne rossa non lavorata pari a ≥1,00 porzioni al giorno, rispetto a <0,50 porzioni al giorno, è stata correlata a un rischio di SCD più elevato del 16% (RR 1,16; IC al 95% 1,03-1,30; plinearità = 0,04).
Impatti benefici si associano invece al consumo di alimenti a base vegetale: consumare infatti 1 porzione al giorno di noci e legumi al posto di una di carne rossa lavorata ridurrebbe, da sola, del 19% (HR 0,81, IC al 95% 0,75-0,86) il rischio di demenza e di 1,37 anni l’invecchiamento cognitivo (IC al 95% da -2,49 a -0,25), così come il rischio di SCD del 21% (RR 0,79, IC al 95% 0,68-0,92).
Restando in ambito di alimenti animali, sostituire la carne rossa lavorata con il pesce abbasserebbe del 28% il rischio di demenza e del 16% in caso di consumo di pollo. Nel corso dello studio, sulla totalità dei partecipanti, 11.173 hanno sviluppato demenza.
In conlcusione
Lo studio offrirebbe dati sufficienti, ma non ancora conclusivi, per poter valutare la possibilità di prevedere nelle Linee Guida la sostituzione di carne rossa con altre fonti proteiche e opzioni a base vegetale, al fine di promuovere la salute cognitiva.
Saranno, tuttavia, necessarie ulteriori ricerche per valutare i risultati in gruppi più diversificati; un limite dello studio è infatti quello di aver considerato principalmente operatori sanitari bianchi, quindi gli outcome potrebbero essere differenti per altre razze, etnie e popolazioni di sesso e genere non binario.
Fonte
Li Y, Li Y, Gu X et al. Long-term intake of red meat in relation to dementia risk and cognitive function in US adults. Neurology, 2025, 104 (3). Doi: https://doi.org/10.1212/WNL.0000000000210286