È noto il binomio che correla l’aumentato rischio di malattie cardiovascolari e il diabete mellito di tipo 2, ma non il tempo di decorrenza e l’incidenza tra l’uno e l’altro evento.
Su questo tassello, cruciale per la comprensione della relazione tra le due problematiche e quindi per le modalità di intervento terapeutico, in ottica di prevenzione, ha indagato uno studio internazionale, americano e danese, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.
Premessa
Quanto tempo prima il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari (CVD) importanti e di forte impatto, precede la diagnosi di diabete mellito di tipo2 (T2DM)? Da questa open question ha preso avvio uno studio, su ampi numeri, intenzionato a definire l’incidenza di CVD, stimata 2 volte superiore, in pazienti affetti da questa forma di diabete rispetto alla popolazione generale, in due specifici momenti: 30 anni prima e 5 anni dopo la diagnosi di T2DM, in cui si registrerebbero le maggiori evidenze di insorgenza di CVD. Dati che i ricercatori hanno poi incrociato con i casi di confronti.
Lo studio, un caso-controllo e di coorte combinato, ha arruolato 127,092 pazienti danesi che avevano ricevuto una diagnosi di T2DM tra il 2010 e il 2015, e un gruppo di controllo, 381,023 persone reclutate fra la popolazione generale, abbinati per età e sesso. Gli uomini costituivano poco più della metà della popolazione studiata (54%) e l’età media dei partecipanti era di 62 anni (51-71 anni). Specificatamente, la CVD è stata definita come infarto miocardico o ictus ischemico, mentre per calcolare gli OR (Odd Ratio) in termini di prevalenza di CVD nel trentennio precedente alla diagnosi di T2DM è stata utilizzata la regressione logistica condizionale che stima la probabilità che si verifichi un evento sulla base di un dataset di variabili indipendenti.
I modelli di regressione dei rischi proporzionali di Cox sono stati invece impiegati per calcolare gli HR (Hazard Ratio) riferiti all’incidenza di CVD nei 5 anni successivi alla diagnosi di T2DM.
Risultati
Dall’analisi fra i dati di pazienti T2DM e i casi confronto è emerso che nei 30 anni precedenti alla diagnosi di diabete specifico, 14.179 (11,2%) con patologia e 17.871 (4,7%) soggetti generali hanno sperimentato le CVD, con una prevalenza di eventi sensibilmente più alta, di media 2 volte superiore nei pazienti con T2DM rispetto ai confronti per tutto il periodo precedente alla diagnosi di T2DM.
Nel dettaglio, si è osservato un OR variabile dal 2,18 (95% CI: 1,91-2,48) nel periodo più precoce/lontano dalla diagnosi (all’incirca nei 25-30 anni precedenti) a 2,96 (95% CI: 2,85-3,08) riferite a epoche più prossime alla diagnosi stessa (inferiori ai 5 anni). Dopo la diagnosi di T2DM, l’incidenza di CVD a 5 anni è aumentata in modo simile negli individui con patologia rispetto ai confronti (HR: 2,20; 95% CI: 2,12-2,27).
In conclusione
Lo studio conferma in pazienti con T2DM un rischio 2 volte superiore di poter manifestare CVD rispetto alla popolazione di confronto a partire dal trentennio precedente la diagnosi di patologia diabetica, suggerendo la possibilità/necessità di interventi precoci finalizzati alla prevenzione di eventi in soggetti a rischio per T2DM.
Fonte
Gyldenkerne C, Kahlert J, Thrane PG et al. 2-Fold More Cardiovascular Disease Events Decades Before Type 2 Diabetes Diagnosis: A Nationwide Registry Study. Journal of the American College of Cardiology, 2024, Vol. 84, Issue 23, Pages 2251-2259. Doi: https://doi.org/10.1016/j.jacc.2024.06.050