Funghi Psilocybe: P. Azurescens, P. Semilanceata e P. Cyanescens, ad azione simile a quella esercitata dalla serotonina, possono indurre e modulare pensieri e comportamenti umorali a seconda degli usi, allucinogeni o terapeutici.

Le evidenze anche circa i specifici meccanismi di azione della psilocibina, il principio attivo contenuto in questi miceti da cui deriva il nome della specie, sono attestati da studi clinici, condotti anni addietro e pubblicati su diverse riviste, tra cui PNAS e Nature Reviews Neuroscience.

La psilocibina

Chimicamente 4-fosforilossi-N,N-dimetiltriptamina è un composto naturale, un agonista non selettivo di molti recettori della serotonina e una sostanza trasformista; appena ingerita la psilocibina inizia il cambiamento, convertendosi immediatamente nel suo metabolita attivo, la psilocina. Questa esercita effetti simili alla serotonina, agonista parziale dei recettori della serotonina 5-HT2A nel cervello, inducendo alterazioni sensoriali.

Tuttavia, il raggio di azione è ben più esteso e, oltre ai sistemi della serotonina, subiscono le influenze della psilocina anche la neurotrasmissione della dopamina e del glutammato, specie nelle aree del cervello deputate alla regolazione dell’umore, giustificando le alterazioni di pensiero e delle risposte emotive che seguono l’assunzione della psilocibina, fino a effetti allucinogeni.

Alcuni studi, tra cui un lavoro pubblicato su Nature Reviews Neuroscience, sembrano suggerire la relazione tra l’attivazione di questi recettori e la modulazione dei circuiti neurali coinvolti nell’autoconsapevolezza, nell’elaborazione emotiva e nell’introspezione così come della “variabilità” dei comportanti indotti.

Infatti, è vero che le reazioni ai funghi psilocibinici sono dose dipendente su cui, tuttavia, incidono anche altri fattori: il contesto generale e l’ambiente. Sebbene nella gran parte dei casi si osservino o vengono segnalati medesimi stati alterati come allucinazioni visive, sinestesia, intuizioni e un senso di dissoluzione dell’ego e di unione con l’universo, maggiore introspezione, apertura emotiva ed esperienze spirituali e mistiche.

Solo in epoche relativamente recenti alcuni autori, un lavoro pubblicato su PNAS ne è un esempio, sono riusciti a chiarire alcuni meccanismi indotti dalla psilocibina, che correlano all’attività cerebrale. Sembrano impattare la diminuzione del flusso sanguigno cerebrale (CBF) in aree ben definite, come il talamo, la corteccia cingolata posteriore (PCC) e la corteccia mediale e nella connettività tra la PCC e la corteccia prefrontale mediale (mPFC). Azione che giustificherebbe pertanto la riduzione della comunicazione tra le regioni cerebrali coinvolte nel pensiero autoreferenziale e nell’integrazione cognitiva.

Il potenziale terapeutico

Tutto da indagare, da chiarire o da confermare. A fianco dei contro, infatti, esisterebbe anche un pro: un potenziale terapeutico. Alla psilocibina potrebbe, infatti, legarsi un effetto inibitorio sull’attività neurale in alcune specifiche aree cerebrali, teoricamente quindi un corretto utilizzo potrebbe portare a outcome clinici importanti: ad esempio, la riduzione dell’attività mPFC potrebbe essere un target per il trattamento della depressione, mentre la diminuzione dell’attività ipotalamica potrebbe essere sfruttata nel trattamento della cefalea a grappolo. Di interesse, in relazione ad alcune evidenze emerse, appare il potenziale utilizzo della psilocina nella gestione dei disturbi psichiatrici, compreso la depressione refrattaria al trattamento, con miglioramenti che perdurano nel tempo.

Fonti:

  1. Carhart-Harris RL., Erritzoe D, Williams T et al. Neural correlates of the psychedelic state as determined by fMRI studies with psilocybin. PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), 2012, 109(6), 2138–2143.
  2. Vollenweider FX & Kometer M. The neurobiology of psychedelic drugs: implications for the treatment of mood disorders. Nature Reviews. Neuroscience, 2010, 11(9), 642–651.